Dōjō, luogo dell’illuminazione
Troviamo l’origine della parola Dōjō in India. In alcuni testi troviamo riportato che questo luogo si riferiva all’area in cui Gautama Buddha si dedicava all’istruzione. In altri lo troviamo nel libro sacro buddista Sutra. In Sanscrito troviamo la corrispondenza con il termine Bodhi-manda.
Bodhi significa letteralmente illuminazione, risveglio; manda definisce lo stato di luogo. Possiamo dunque dire che Bodhi-manda indica il luogo dove Buddha si è illuminato, risvegliato.
Successivamente l’espressione è stata utilizzata per indicare i posti dove Buddha insegnava. Inizialmente questa parola era usata per definire il luogo di studio dei monaci (il tempio) e della pratica Zazen. Era dunque il posto dove si praticava il miglioramento dello spirito e del corpo.
Arrivando in Cina Bodhi-manda non aveva avuto una precisa traduzione; quindi, è stato sostituito con il termine taoista di Lao-Tsze.
Venne in seguito usato nel mondo militare e nella pratica del Bujutsu, l’antica arte marziale utilizzata nel medioevo nipponico dai guerrieri Samurai, diffondendosi sino ai giorni nostri nel mondo delle arti marziali diventando così Dōjō.
Dōjō è un termine giapponese e indica il luogo dove si svolgono gli allenamenti delle arti marziali
Analizzando il Kanji che lo compone:
道 DŌ = Via, Percorso, Insegnamenti
e
場 JŌ = luogo
Quindi è il luogo dove si pratica la Via.
La parola Dōjō racchiude molteplici significati.
Il Dōjō non è una semplice palestra dove vengono eseguiti esercizi fisici, come spesso viene definito in occidente, ma è molto di più. È un percorso completo di confronto che dura una vita intera e che nella relazione interpersonale e nello scambio di energia, su ogni piano, su ogni livello, arricchisce interiormente.
Nel Budō (Via marziale) il Dōjō è lo spazio in cui si svolge l’allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l’arte marziale.
Anticamente il Dōjō era spesso un piccolo locale situato nelle vicinanze di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, in modo tale che i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati. Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi Dōjō che venivano in molti casi considerati da maestri e praticanti una seconda casa.
Il Dōjō rappresenta un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della Via dell’arte marziale.
All’interno di un Dōjō, oltre a migliorare la tecnica dell’arte marziale, si coltivano valori profondi quali il rispetto verso sé stessi e verso gli altri, l’amicizia, l’onestà, ma anche la concentrazione, la determinazione, l’equilibrio e la meditazione.
Quando entriamo nel Dōjō, dobbiamo lasciare alle spalle tutti i problemi della quotidianità, liberare la mente da tutti i pensieri che ci fanno stare male e ci dobbiamo concentrare sulla pratica.
A sua volta la costante pratica, ci aiuta a liberare la mente da tutti i pensieri che ci fanno stare male superando così i limiti, le insicurezze e le paure.
Sincerità, rispetto e umiltà sono qualità essenziali richieste ad un praticante di un’arte marziale, qualità che permettono un autentico e continuo miglioramento.
Nel Dōjō, la violenza non ha spazio; è la forza mentale che viene enfatizzata. Questo luogo, nella cultura orientale, rappresenta la ricerca della perfetta unità tra Zen (mente) e Ken (corpo). È qui che si cerca l’equilibrio tra la mente e il corpo, portando alla massima realizzazione dell’individualità. In questo spazio, i praticanti si immergono nell’arte marziale, non solo per acquisire abilità fisiche, ma anche per coltivare la saggezza e la consapevolezza interiore.
All’interno di ogni Dōjō, esistono regole ben precise che devono essere rispettate. Queste regole, discendenti dagli antichi Samurai, contribuiscono a creare un ambiente di rispetto, disciplina e crescita personale.
L’insieme di queste regole costituisce l’etichetta (Sao) cui dobbiamo conformarci. L’etichetta (il Sao) è una parte essenziale della pratica di un’arte marziale e va seguita in modo sentito e non solo formale.
Vediamo alcune di queste regole che includono:
Cura del Keikogi: l’abito della pratica deve essere tenuto pulito e in buone condizioni. Questo dimostra rispetto per l’arte marziale e per gli altri praticanti.
Silenzio e rispetto: nel Dōjō, è importante mantenere il silenzio durante la pratica. Questo favorisce la concentrazione e il rispetto per gli altri.
Pulizia e ordine: ogni studente è responsabile della pulizia del proprio spazio e dell’area circostante. Questo insegna l’importanza dell’ordine e della cura.
Comportamento educato: essere gentili, cortesi e rispettosi con gli altri è fondamentale. Questo vale sia durante l’allenamento che al di fuori del Dōjō.
Lealtà e onestà: gli antichi Samurai attribuivano grande importanza alla lealtà. Essere leali verso i Sensei (Maestri), gli altri praticanti e l’arte marziale stessa è essenziale.
In sintesi, il Dōjō non è solo un luogo fisico per l’allenamento, ma anche un ambiente in cui si coltivano valori morali e spirituali.
Concludiamo con un incantevole frammento poetico dal titolo “Dōjō”, donato da uno dei nostri appassionati praticanti, soprannominato da Ō Sensei “Bakeneko”
“… Ermetico scrigno inattaccabile.
Arcano tempio dei destini.
Denso come il mercurio e leggero come l’idrogeno.
Nella libertà del divenire fiorisce l’eterno presente.”